La nonna Lia aveva trecce bionde e miti occhi:
cantava camminando avvolta nella gonna di tulle.
Finiva marzo con la sua pioggerellina di luce,
già il vento d’aprile le increspava le trecce:
lei correva nell’alba lungo il tiepido giorno,
s’immergeva felice in quella riva di lago pensosa,
un bimbo con gli occhi verde-azzurro dell’acqua
le faceva compagnia baciandola, spruzzandoci
tremando godevamo di quell’acqua di baci.
Ora è un’ altra mattina di marzo, un marzo insonne,
al lago non sei venuta, dai monti è sorta una nuvola,
il temporale ha squarciato i vetri del tetto:
tu, allora, m’hai preso per mano in quell’aurora
abbracciata ad uno scialle dorato, in un palpitare indomabile
conducendomi appena prima dell’altare della vecchia Chiesa
mentre la tua aura riluceva tutta in una luce argentea.
Mi sei apparsa col tuo sorriso gentile e gli occhi vivaci
cantando una nenia monocorde …alla fine non t’ho più rivista
e di questa inesauribile visione m’avanza, come cenere fine,
una ghirlanda di ricordi, incastonati nell’oro della mia vita
lucida e un po’ sognante, spesso tramortita da impalpabili visioni.
Sempre ti serberò nel cuore ed accarezzando le coperte
sentirò il profumo della tua testa canuta e stanca
che si dondola con fiducia avvolta nel tepore del mio abbraccio.