Nelle tue labbra vi è il cielo

La luce di quest’aurora

è un tonfo di palme

gioco esaltante di domande

assenza di rischio di rifiuti-

per le vicende del giorno

la parete perderà i suoi ciottoli.

La luce di quest’aurora

i seni spogli dei miei sguardi

gli olezzi multipli d’un mazzo di fiori

dalle rose ai ciclamini

passando attraverso i girasoli,

la viola del pensiero.

Il rumore delle pietre,

della risacca del mare-

sfiora anse di rena in cui ci stendiamo

frante dal bagnasciuga del frangiflutti.

Il miele della tua pelle, la fragranza del pane

dalle orchidee delle stelle scendono gabbiani implumi.

La luce di quest’aurora

fiamma che ti rigenera

nasce verde e muore d’erba.

I primi balbettii di felicità

furono sotto veli di rugiada.

E nelle tue labbra vi è il cielo.

Il mondo da una mongolfiera

Scappa attraverso il paesaggio rupestre,
capelli corvini e occhi scuri,
fra le fronde e le carezze del vento
gambe tornite in calze di sabbia,
immemore in tutti i veli di ruscelli.
Ultimo palpito s’un volto trasfigurato.

Nella placidità del suo corpo
avanza una sfera di neve,
sulla pelle un neo di silenzio.
Le sue mani, archi canori
frantumano ogni luce d’alba.
Nella sua dimora conta i minuti.

Per la sua stella,
esplosa nell’aria di dicembre,
per regalarsi gli occhi, per vivere giunti
sino alle praterie in fiore,
per regalarsi immenso amore
per donarsi le iridi all’ultimo secondo.

Per dormire nella luna
in quattro pupille, il sole nelle medesime.
Un amore fra le labbra-un vago uccello
adorna i campi, i boschi,
le strade e il mare.
Bella come il mondo da una mongolfiera.

I miei occhi di giada e i tuoi d’onice

I miei occhi di giada e i tuoi d’onice

dischiudono i vetri delle finestre-

penetreremo nel ballo delle foglie gialle

nelle quattro pareti dell’intimità,

giungerò alla tua immagine latente.

Sempre a me ritorna come un chiodo di cristallo.

Una sontuosa dimora, rifugio desueto

da cui inizieranno i viaggi e le migliori follie,

vi proteggeremo l’incedere della via

cercheremo bagliori azzurrati d’universo

sotto la campanula del firmamento

riposandoci madidi ogni aurora in un manto.

Nuvole fuggevoli dall’eterno sorriso nel blu,

laghi ingabbiati in fondo alle pozze, la pioggia,

la lingua del vento con anelli di frescura,

giardini novelli infittiti di tenere spine-

di questi la più bella sei tu, un balsamo di riposo.

Vorrei scorgerti nuda e lucente come un panno bagnato.

Le fogge dei colori cangianti del cielo su di noi

sul filo della leggiadria della tua chioma-

saremo un’unica idea simbiotica nell’aere

vestita da indumenti a tinte rosse di passione,

bianchi come il nitore della tua anima candida

o rosei come gli acuti che si elevano nei capricci striduli.

L’arcobaleno

Annego nell’inchiostro

la seta fine che avvolge

il mio sonno

tra voli notturni

di pipistrelli e schiamazzi

mattutini delle lavandaie.

In un’ aria di carta

cerco di dirigere

il traffico delle mie passioni

e, lasciandomi lambire

dalla brezza amica,

mi riposo all’ombra

della grande quercia

ascoltando canzoni di ieri.

Il tempo, intanto, immemore

delle mie sofferenze,

ambisce solo a spargere

la mia cenere dolce

nell’armonia dello spazio remoto

dove le stelle per noi son morte

e non c’è un arcobaleno

che, dopo le vicende della vita,

si stagli nel cielo turchino e muti

la nostra essenza dall’ombra alla luce.

Seconda classificata nel Concorso Nazionale Emma Piantanida, Legnano (MI) 2001.

Seconda classificata nel Concorso Nazionale alla memoria di Maribruna Toni (PI) 2004.

Pubblicata dalla rivista mensile nazionale Poesia nel 2004.

Dieci dolcezze

Nel giorno del compleanno del mio migliore amico

Dieci dolcezze e la verità vive

dall’albero insanguinato scaturisce amore

mi ammaestra in vita non più onirica

sei illimitata pazienza e passeggeremo giunti.

Sii forte da spianarmi la fronte,

la vetta della fronte cocciuta, corrosa.

La tua grazia si palesa in dieci dolcezze.

Un sorriso di luna si delinea fra gote

rosse come l’ippocastano,

eco d’aria in una miniera:

vi giace il carbone delle tue iridi

o il quarzo della chioma.

Ti diletti in giochi d’amore

ti pensi sola ma ti ritrovi duplice

riflesse nello specchio due bocche in una,

bellezza intelligente, austera e puerile

luce e calore veggente e visibile:

chi vuole amarti nasce dalle zolle.

Turgidi i seni verso il mio corpo

il tuo petto non ha nubi

verità esala dal tuo cuore nomade.

La vulva fiorita è una ghirlanda

la coglierò nella luna benevola-

coglierò il frutto vellutato e le nespole.

24/4/2019

Descrizione della mia nuova e tredicesima silloge

Amore assoluto è una silloge di poesie a carattere prettamente amoroso, tutte dedicate a una donna già molto impegnata ma dalla quale il poeta sente d’esser ricambiato. In un fugace incontro, infatti, i loro occhi s’incrociarono e scoccò fra loro questa folgorante scintilla che perdura anche ora. Il carattere delle liriche, quindi, è sia onirico che visionario, nel senso che anticipa ciò che inevitabilmente accadrà.

Il mondo da una mongolfiera

Scappa attraverso il paesaggio rupestre,
capelli corvini e occhi scuri,
fra le fronde e le carezze del vento
gambe tornite in calze di sabbia,
immemore in tutti i veli di ruscelli.
Ultimo palpito s’un volto trasfigurato.

Nella placidità del suo corpo
avanza una sfera di neve,
sulla pelle un neo di silenzio.
Le sue mani, archi canori
frantumano ogni luce d’alba.
Nella sua dimora conta i minuti.

Per la sua stella,
esplosa nell’aria di dicembre,
per regalarsi gli occhi, per vivere giunti
sino alle praterie in fiore,
per regalarsi immenso amore
per donarsi le iridi all’ultimo secondo.

Per dormire nella luna
in quattro pupille, il sole nelle medesime.
Un amore fra le labbra-un vago uccello
adorna i campi, i boschi,
le strade e il mare.
Bella come il mondo da una mongolfiera.

Premio Speciale della Giuria nel Concorso Internazionale Le Occasioni-Ossi di seppia 2019 alla memoria di Eugenio Montale, Premio Nobel per la letteratura nel 1975.

Bocca illuminata

Le feci io il primo,

vivace passo su questa terra rosata

con un acuto vagito di bimbo

donandole orchidee all’infinito-

sfavillanti come la neve,

ardenti come il sole di mezzogiorno.

Il gallo alle porte d’aurora

avrà frantumato il tappeto della notte

su rulli di vivacità.

Non si leverà tanto presto il capo

verso il sole che si adorna

ma si occulterà dietro gli occhi.

Si leverà poi verso una lama di luce

la tua bocca più vorace d’una mimosa,

bocca celata dietro a ciglia asciutte-

presto si occulterà dietro agli aghi di pino

dispensando sogni nel silenzio-

collana spezzata da parole ribelli.

Un’altra bocca per giaciglio,

amica di erbe febbrili,

selvaggia e buona creata per me

e per nessun altro-

bocca immemore d’ogni linguaggio.

Bocca illuminata dalla mia anima.

L’ora esatta

Sia l’ora che il tuo amore

si propaghi in me,

ch’io non resista più

a questo gelido inverno;

vidi la tua mano

dalla pittura sgargiante

e ora lasciami coi tuoi baci.

Copri la luce

di questo gelido mese col tuo aroma,

serra l’uscio della dimora

con la morbidezza della capigliatura

e non dimenticare di destarmi

nelle aurore di neve.

Non dimenticare ch’io sono

come un pargolo smarrito

che cerca nel letto le tue dita,

un liquido, come il tuo,

scintillante d’energia.

Amor mio,

non desidero altro che tu sancisca

l’ora esatta della  luce.

Nel medesimo ruscello

Spostiamo insieme distanti

gli argini d’un fiume denso

d’una grassa prateria di fiori,

viviamo nel medesimo ruscello

scaturito da una florida fonte,

apparteniamo ai lidi più felici.

Filari di pioppi lo ornano,

son legni che viaggiano sulle onde,

il nostro peso immobile

scaverà il paesaggio rupestre-

ogni accordo di consonanza

mai concluso presto si dissolverà.

Nella città impregnata

di miseria e tirannia

l’ombra di paesaggio si scolora,

s’eclissa l’ora della schiavitù

alle spalle speranza mi spinge-

mai per sempre ci lasciammo.

L’erba si rialza viva

su strati innocenti di terriccio.

La gioventù in delirio si scolora,

più oltre tutto è rovina-

saranno baci a misura di noi stessi

impastati di rosa e rosso fuoco.