Le feci io il primo,
vivace passo su questa terra rosata
con un acuto vagito di bimbo
donandole orchidee all’infinito-
sfavillanti come la neve,
ardenti come il sole di mezzogiorno.
Il gallo alle porte d’aurora
avrà frantumato il tappeto della notte
su rulli di vivacità.
Non si leverà tanto presto il capo
verso il sole che si adorna
ma si occulterà dietro gli occhi.
Si leverà poi verso una lama di luce
la tua bocca più vorace d’una mimosa,
bocca celata dietro a ciglia asciutte-
presto si occulterà dietro agli aghi di pino
dispensando sogni nel silenzio-
collana spezzata da parole ribelli.
Un’altra bocca per giaciglio,
amica di erbe febbrili,
selvaggia e buona creata per me
e per nessun altro-
bocca immemore d’ogni linguaggio.
Bocca illuminata dalla mia anima.