Il nuovo libro di Marco Galvagni tiene fede al titolo: si tratta di annotazioni tratte dall’anima, questi versi di caratteri molto vivi, visivi come nella più pura tradizione della poesia, sono dovuti all’intimità di un’anima solitaria, introversa e dedita, entusiasta e tormentata, indomabile all’apparenza. Le tre composizioni dell’inizio (Via Mario Pagano, L’arcobaleno, L’orgoglio dei vivi) fanno pensare alla possibilità di una svolta tematica. La prima è infatti dedicata alla strada dove sono le memorie del poeta, in un respiro che si apre alla gente, all’umanità; la seconda alla visione serenante di un arcobaleno sulle vicende della vita; la terza, alla memoria del padre. E non è detto che una svolta non si dia in futuro, ma non è questo il caso. Si tratta solo di una premessa, in queste tre poesie, perché subito il libro diventa, come di consueto, un canzoniere d’amore. La visione della donna amata, che ha un nome (si veda la dedica; passim, e anche la poesia di chiusura) e dunque connotati di realtà nella memoria dell’individuo, appare ispirare tutta la silloge. Non si tratta tuttavia di una immagine di necessità felice, perché s’intuisce l’intrusione del dolore, pur combattuto (“Non lasciare…”, p. 14) da un animo forte, forte sia pure di “illusioni” (non sta a me scoprire quanta parte abbiano l’illusione e la speranza nella storia della poesia). La realtà della memoria e il realismo delle immagini, tratte dalla vivente esperienza, si mescolano di continuo con la potente immaginazione, il lato erotico e realistico con le sublimazioni mediate da figure della natura e dell’opera umana: “il camino/… più d’ogni stella/illumina le pareti della stanza che tu hai scosso di gemiti” (p. 35). Le possibilità del singolare, nella stessa composizione, trapassano dalla prima persona, il tu della passione, alla terza, il lei del mai creduto distacco, fondendosi con l’io del poeta e con il plurale, il noi ricordato, immaginato adesso, anche auspicato.
Carlo Di Legge