La silloge “Luce d’aurora”( Eretica edizioni 2021, 15 euro) di Marco Galvagni si presenta da subito con una veste grafica che allude al tema in essa contenuto:l’amore. Il rosso acceso della cover richiama infatti da subito l’amore. Un tema questo che attraversa i secoli e può diventare una trattazione usuale e scontata,specie se, come accade in questo caso, l’amore, comprese le due poesie di apertura, afferenti l’amore filiale, è il tema esclusivo della raccolta.
Non è così perché Galvagni ha la capacità di non essere mai banale, incantando letteralmente il lettore con un caleidoscopio di emozioni che si compongono e scompongono creando una sorta di visione onirica seppure legata ad elementi di concretezza, primi tra tutti quelli della natura,a cui attinge a piene mani, rivendicando attraverso di essi, una passionalità ed un impeto amoroso con cui riveste l’amata senza mai scadere in una retriva e pesante significazione. Anzi, direi che l’eleganza formale e il riferimento agli aspetti materiali della natura e della donna trovino una sorta di sublimazione e rarefazione che rende ogni lirica un gioiello prezioso,cesellato con dovizia di figure di significato e di suono.
Basta leggere pochi versi per rendersene conto:
Sei una goccia di luce/caduta dal cuore dell’universo/con intensi bagliori di stelle,/non cometa che sa d’assenza ma indelebile presenza,terra di papaveri e baci (la spada di ossidiana pag. 58)
Si potrebbe quasi,se non si sapesse che due sono le donne amate ispiratrici delle liriche e che sono realmente presenti nella vita dell’autore che esse siano solo ideali femminili del poeta. Non è così sia quando una compare con il suo distacco:poi ti rivedo sparire nella nebbia di novembre/una densa coltre di panna sui nostri pensieri/ timbrandomi il lasciapassare della solitudine….e ancora: ora sei la pietra spezzata,l’albero senza radici/ e faccio naufragio nel mare della nostalgia con una caravella di ricordi/tra l’indifferenza dei passanti /tale al passero che tenta il volo/ma cade senza destare stupore (da “ Cicatrici d’amore “pag. 21),sia quando l’altra si impone, per tutta la silloge, con la sua sensualità che travolge e cura la precedente piaga d’amore:..il mio amore è un uccello ferito e tu ne sarai la panacea/.Perché per me sei la più bella….Hai un corpo che io immagino rosso fuoco/come una stilettata nelle tenebre/prelude ad un gomitolo di lenzuola/in cui,madidi,ci avvinghieremo…(da“Perché per me sei la più bella “ pag. 24)
Infatti l’amata che cura il poeta dalla sua perdita, diventa una sorta di divinità panica, presente in ogni aspetto della natura e,viceversa, la natura si insedia nella donna: per questo aspetto e per la ricercatezza dell’espressione Galvagni ci ricorda D’Annunzio, il poeta della parola e della sensualità. Nello stesso tempo, tuttavia ,l’autore ci ricorda anche Petrarca, per quell’atmosfera di indefinitezza dell’aspetto fisico della sua Laura,tanto da farne quasi un’entità divina. Infatti anche Elisa viene ad incarnare tutte le qualità fisiche e morali che una donna può possedere o che,comunque,in lei vedono gli occhi di un uomo profondamente innamorato.
Anche Elisa (Ely ), dunque, assurge quasi al ruolo di una dea, così come è trasfigurata dalla levigatezza dell’espressione, e dal suo obnubilarsi nella natura, per poi dimostrarsi regina e incarnatrice della bellezza femminile e ambientale nello stesso tempo.
Dire che Galvagni canta la donna, l’amore e la natura è forse più giusto che limitarsi a dire che celebra l’amore in senso stretto. Tutto sprigiona vitalità, in una specie di immedesimazione nell’energia e nei colori e odori della natura (per questo ci sembra che paragonarlo a D’Annunzio o anche all’ardore apollineo non sia poi così esagerato) e ci fa dire che è un innamorato della vita che pulsa in lui con tutta la pienezza del suo richiamo.
Ely è dunque luce d’aurora in quanto artefice della rinascita alla vita e all’amore ma anche dell’atto creativo della parola poetica e che diventa dunque entità maieutica per il poeta. Dunque, lasciato da parte il ritegno, il poeta può celebrare la sua passione amorosa, senza tuttavia mai scadere nell’ovvio o nell’eccessiva carnalità:…conosco il tuo cuore,i tuoi seni/m’infondono un senso di libertà fisica…(Da “Il prodigio “ pag. 29) ancora :Uguali sono i tuoi seni paralleli/ e sono,spiccando il volo, le orbite /che si dischiudono in una luce di stella.. (da”IL pianoforte dei miei versi” pag. 37).
La stessa natura, con il suo avvicendarsi delle stagioni, sottolinea il crescendo della passione amorosa dalla primavera all’estate: foriere di risveglio della natura in ogni senso e del suo pieno dispiegarsi:
Sono nato col tuo amore/che si sfoglia sulla mia pelle/assetata del tuo corpo/come se cascate d’onice/penetrassero la mia sostanza /e da allora ti recassi in me(da “Scintilla bionda pag. 59)o ancora: il rumore delle pietre/della risacca del mare/sfiora anse di rena in cui ci stendiamo/frante dal bagnasciuga dei frangiflutti./Il miele della tua pelle,la fragranza del pane/dalle orchidee delle stelle scendono gabbiani implumi (da “Nelle tue labbra vi è il cielo”pag. 77)
2+56 componimenti in questa silloge da leggere lentamente, per assaporarvi, dunque, come accade per la lettura dei poeti francesi del ” maledettismo” o anche di quelli dell’estetismo una fusione di sfere sensoriali dove vista, tatto, udito, gusto, olfatto si confondono, nella celebrazione di un rito d’amore che è ogni lirica in essa contenuta. Un rito dove sfumano eppure si intensificano in un vortice passionale momenti d’amore che vengono eternati nel gioco della seduzione che si rinnova nella parola di uno dei poeti di spicco del nostro panorama .
Gabriella Paci