Elisa, nel cuore mio
ti lascio un fremito diamantato,
ciò che da te non ebbi
ma che mi donerai come un diadema stellato
figlio d’un antico incantesimo.
Il mio amore è un uccello ferito
e io ne sarò la panacea.
Perché per me sei la più bella.
Hai tatuaggi di nuvole,
cigni e gabbiani
non sulla pelle ma nell’anima,
pura e nitida.
E’ di pane il tuo cuore
e le tue mani sono archi stellati.
Hai anima che io immagino rosso fuoco
come una stilettata nelle tenebre,
prelude ad un gomitolo di lenzuola
in cui, madidi, ci avvinghieremo.
Col pianoforte dei miei versi
per te suonerò note audaci,
nella neve o fra gli aironi
e su di te, sulle tue ciglia
cadrà musica di vero amore.
Sempre m’immergerò
nella tua ombra di corallo.
L’alba e il crepuscolo
saranno il nostro sorriso:
vedrò l’aurora nei tuoi capelli
e la sera nelle tue unghie.
Il tuo viso e il tuo corpo
vennero da me da una casa straniera
in una giornata miracolosa
velata da aghi di pioggia e da un sogno,
un giorno di miracolose resurrezioni di farfalle
in cui tu, prima stella da qui all’infinito,
fosti avvolta in una carezza di luce,
io felice per averti trovata
fra le crepe d’uno specchio.
La tua bocca mi regalava
libellule di luce,
pensando ad appuntamenti in radure ombrose
in cui rotolarci innamorati nell’erba;
desiderai avvicinarmi al fogliame
per stendermi con te presso il greto d’un ruscello,
nuotando controcorrente, com’è nella vita
il nostro cammino.
Il nuovo autunno della volta celeste
sarà velato di fari nella trapunta delle stelle,
cadranno in ottobre foglie dagli aceri,
un autunno di nebbie e tristezze.
Io non so dove andrai, dove andrò
camminando senza la mia duplice.
So solo che la mia cripta recondita di gioia
la devo al tuo ricordo etereo,
mia quaglia piumata.
Staremo uniti e le nostre mani
s’incroceranno fra glicini.
Tutto sarà riunito.
Perché per me sei la più bella.